Ritornando a parlare dei soldati che abbiamo ricordato durante la cerimonia di consegna dei Gagliardetti della Memoria, parliamo ora della storia di Ferruccio Boschetti. Prima di farlo, pubblichiamo il ricordo che Fernanda Giantin, nipote del Tenente, ci ha rilasciato.

LA MEMORIA VA COLTIVATA COME IL CONTADINO COLTIVA LA TERRA

Ferruccio era il fratello più giovane della mia nonna paterna Lavinia, figura fondamentale per la mia educazione fin dall’infanzia. La memoria per lei era un culto perché dà identità e appartenenza. Come fa un paese, una famiglia a dimenticare la sua storia, a non sapere chi siamo e di quali esempi ci nutriamo? La memoria va coltivata con amore come il contadino coltiva la terra, la rivolta, la concima; darà i frutti alle nuove generazioni. Alla mia nascita Ferruccio non c’era più da vent’anni. C’era la sua immagine e nel tempo il ricordo continuo di lui, delle sue virtù civili e militari, è entrato nella mia mente e nel mio cuore. Sapeva esprimere con facilità il suo affetto verso la famiglia. Lavinia mi leggeva i pensieri con cui accompagnava le foto che inviava dal fronte; manifestavano grande sensibilità, serenità e senso del dovere. Ma per il Centenario della Grande Guerra, il suo non sarà solo un nome sconosciuto scolpito sulla lapide dei Caduti di Arino ma una storia viva raccontata con passione ed impegno dai ragazzi dell’Associazione Riviera al Fronte. Si compie quanto la madre Augusta e la sorella Lavinia avevano promesso a Ferruccio sul memoriale del trigesimo: “Resterai tu obliato nel dì che verranno? Non pensarlo!”. Ma mai avrebbero immaginato che dopo un secolo la sua vita e il suo sacrificio fossero raccontati alla gente della Riviera del Brenta, a chi frequenta Internet e che in suo onore fosse consegnato alla nipote il Gagliardetto della Memoria. Le nonne e la nipote ringraziano.

Fernanda Giantin

Vigonovo, 7 agosto 2015

Ringraziamo quindi Fernanda che, grazie alla sua passione per la Storia e l’amore nei confronti dei suoi parenti che andarono al fronte, ha conservato del materiale importante, composto di foto e manoscritti, prestatoci per raccontare la vita del tenente Ferruccio Boschetti, matricola 1308 e poi 20982, figlio di Giovanni Battista e di Augusta Fabris, Medaglia d’Argento al Valor Militare durante la Grande Guerra e reduce della campagna di Libia, disperso durante la battaglia di Monastir del 1916.

Ferruccio Boschetti in abiti civili. Appena sopra al braccio sinistro si puà intravedere una piccola medaglietta d’argento. Fu conquistata nell’anno 1900 a Siena, in occasione di una gara di scherma organizzata dall’Esercito

Il registro di leva contenuto nell’Archivio Comunale di Dolo indica che Boschetti era nato ad Arzergrande, Padova, il 29 aprile 1878. La famiglia era originaria della Liguria e una volta adulto Ferruccio tornò a Molassana, Genova, dove trovò lavoro come impiegato e creò una famiglia, allevando due figli; la madre Augusta e la sorella Lavinia restarono invece nel Veneziano, la prima ad insegnare alla scuola elementare di Arino, la seconda a Vigonovo. Boschetti aveva combattuto in Libia nel 1911-12, ottenendo i primi gradi e venendo promosso fino ad essere sottotenente.

Con l’inizio della guerra contro l’Austria-Ungheria Boschetti fu richiamato e assegnato a vari battaglioni della Milizia Territoriale per via dell’età. Non partì da solo: con lui c’era l’inseparabile macchina fotografica, utilizzata nei momenti di tregua. Le foto originali, datate e segnate con il luogo dove furono scattate, sono arrivate ai giorni nostri e Fernanda ci ha permesso di pubblicarne qualcuna.

Ferruccio Boschetti sul monte Novegno, inverno 1916

Boschetti passò la prima parte del conflitto sull’altopiano di Folgaria, sul Sommo Alto, per lavorare alla fortificazione e al presidio dell’area. All’inizio del 1916, invece, giunse in Trentino anche la Brigata Cagliari, alla quale il battaglione di Boschetti fu aggregato fino alla campagna di Macedonia. La Cagliari fu chiamata a presidiare il settore di Tonezza a febbraio, tra i monti Maronia, Coston e Soglio d’Aspio, e fino all’inizio della Strafexpedition il fronte fu posto in sicurezza senza grossi problemi. Il più grande nemico in quell’inverno infernale erano il gelo e le valanghe: una foto scattata nel marzo 1916 (a fianco) mostra gli effetti della grande nevicata che aveva investito il monte Novegno. Incredibilmente, le baracche di entrambi gli schieramenti furono adombrati da mura di neve alte fino a 5 metri.

Il 15 maggio gli austroungarici balzarono all’assalto alla prima linea italiana sull’Altopiano di Asiago. In seguito al bombardamento dell’artiglieria, la fanteria imperiale dilagò in Costa d’Agra, aggirando le forze italiane. Il terzo battaglione del 64°, a difesa del Tre Sassi, fu accerchiato e catturato, non senza lottare, mentre il primo battaglione riuscì ad evitare la stessa sorte sul Soglio d’Aspio, riuscendo a raggiungere con i superstiti Coston d’Arsiero. Questo luogo diventava la linea di non ritorno e consapevoli di questo la Cagliari impose le proprie armi su quelle nemiche, rallentando così la corsa austroungarica alla pianura.

Ferruccio Boschetti in divisa

Mentre la Cagliari veniva riorganizzata in seconda linea a Chiuppano, gli asburgici avanzarono mettendo sotto assedio il Novegno, in particolare i monti Spin e Brazome. Fu proprio su quelle posizioni che la Brigata di Boschetti fu schierata per la difesa dell’estremo baluardo d’Italia. Se nei giorni precedenti l’azione offensiva aveva disgregato la retroguardia e provocato gravi danni, nella seconda parte della Strafexpedition i difensori italiani riuscirono a resistere con audacia. La battaglia del Novegno proseguì fino alla metà di giugno, fino a quando l’Alto Comando austroungarico ordinò la fine delle operazioni e il ripiegamento su delle posizioni più difendibili. Tra le giornate più dure da ricordare c’è quella del 12 giugno, quando all’alba l’artiglieria imperiale iniziò a tirare contro gli italiani sui monti Giove, Novegno e Passo Campedello. Dopo alcune ore di fuoco martellante, il 3° e il 4° Kaiserjaeger balzarono fuori dalle trincee per impossessarsi di quelle avversarie. In due giorni, asburgici e italiani lottarono in furiosi corpo a corpo che aveva come risultato la vittoria di quest’ultimi. Il 14 giugno gli aggressori diedero sfogo alle ultime forze, l’ultimo tentativo per sfondare e conquistare così Schio e la Pianura Padana. La fanteria italiana, rimasta senza rinforzi e allo stremo delle forze, riuscì a resistere ancora una volta per altri due giorni. Boschetti osservava lo svolgimento della lotta dall’osservatorio del Rivon, da dove le batterie colpivano le truppe imperiali allo scoperto. L’Italia aveva vinto e la Cagliari era stata lanciata all’inseguimento dei fuggiaschi. Prima di abbandonare l’Altopiano dei Sette Comuni, le truppe occupavano Pria Forà, monte Brazome, monte Aralta e Roccolo dei Sogli, controllando le cime fino al 26 luglio, quando i fanti furono ritirata per rifiatare a Schio, in attesa di partire per la Macedonia.

bomba inesplosa

Ferruccio Boschetti e una bomba inesplosa austriaca sul Monte Novegno, giugno 1916

Il Novegno era stato completamente devastato e bucherellato dall’artiglieria asburgica. Gli ordigni inesplosi restavano là, in attesa di essere disinnescati e spostati. La foto a fianco mostra il sottotenente Boschetti su uno dei proiettili in questione.

Negli stessi giorni inviava a casa altre fotografie, una che ritraeva i suoi coraggiosi commilitoni. Dietro ad una di queste aveva scritto:

Ferruccio Boschetti, a destra, con i suoi commilitoni. Giugno 1916

«Ragazzi generosi, umili, figli di contadini, coraggiosi e forti che hanno sopportato la fatica, il freddo, la fame, il sonno e le sofferenze di ogni genere».

Dopo le fatiche della battaglia di Asiago, la Cagliari era destinata al fronte macedone. Prima di partire, però, a Ferruccio era stato concessa una settimana di licenza per rivedere i propri cari. Il periodo però non era abbastanza: dopo esser stato per cinque giorni in quarantena al distretto sanitario, in pochissimi giorni riuscì a salutare, per l’ultima volta, l’adorata moglie e i figli a Molassana e la madre e la sorella in Riviera del Brenta.

L’8 agosto iniziarono le attività di imbarco a Taranto per il fronte balcanico. Il trasporto della Trentacinquesima divisione e del resto del corpo di spedizione italiano nei Balcani durò quasi una settimana, con l’Adriatico infestato dagli U-Boot. Boschetti e il suo contingente arrivò salvo sull’altra sponda e in una lettera descrisse Salonicco, la città portuale dove sbarcò:

«E’ una città meticcia. Convivono Cristiani, Mussulmani ed Ebrei divisi in distretti come villaggi all’interno di una città e riconoscibili solo dal differente colore dei turbanti: bianchi per i seguaci dell’Islam, gialli per gli ebrei e blu per i cristiani. È convivenza che dura da cinquecento anni! Il panorama si presenta con alti minareti, cipressi, cupole e le eleganti residenze ottomane.

Sopravvivono i resti dell’Arco trionfale del tetrarca Galerio (fine del III – inizio del IV secolo) – 1915 l’archimandrita di Salonicco, massima autorità religiosa cittadina della Chiesa greco-ortodossa, è ospitato a bordo di una nave da guerra britannica per protezione.

Belli i nostri giovani soldati e ben vestiti; sono stati molto festeggiati ed ammirati quando sfilarono per le vie di Salonicco».

Le truppe della Cagliari dovevano combattere su un terreno molto difficile, non molto diverso da quello dell’altopiano di Asiago, anche se molto più secco e paludoso. Inoltre, si manifestavano le malattie che avevano colpito le truppe italiane in Albania, con diverse vittime: molti si ammalarono e allora il comando corse ai ripari consegnando ai soldati il chinino.

Il 27 agosto la truppa occupava il settore Akeeklise – Sarigol e ai primi di settembre controllava il settore di Krusa Balcan, fra il lago Dorjan e il forte di Dova Tepi, dove era chiamata a realizzare lavori difensivi. Il 19 ottobre i combattimenti entrarono nel vivo quando le truppe alleate decisero di sfondare a Monastir, con il comando delle operazioni guidato dai francesi. Passata la prima parte dell’autunno, la guerra sul fronte balcanico iniziava a prendere una strada ben definita: le truppe italiane sostituirono la Diciassettesima divisione francese sull’altopiano di Monastir, a 2000 metri di altezza, dove la neve era già abbastanza alta e si viveva in condizioni disperate, a dieci gradi sotto zero. Il 15 novembre iniziava il movimento e la Cagliari occupava il dente di Velusina e il colle di Ostrec. La battaglia entrava nel vivo il 17 novembre, quando l’artiglieria tedesca e bulgara martellarono la prima linea alleata. Era un tentativo estremo, ma inutile, di bloccare l’offensiva dell’Intesa, compiuta il 19 novembre con la conquista di Monastir. La Cagliari fu insignita della Medaglia d’Argento al Valor Militare e della Croce Francese con Palma.

Tra i primi caduti di quell’offensiva c’era anche il sottotenente Boschetti, colpito in pieno da una bomba. Il suo attaccamento ai suoi sottoposti e il coraggio fu sottolineato nella motivazione per cui gli fu concessa la Medaglia d’Argento al Valor Militare:

«Costante esempio di valore, durante un forte bombardamento nemico mantenne alto il morale dei propri dipendenti e mostrando animo invitto e sprezzante del pericolo, sulla prima linea sdegnava qualsiasi riparo, finché cadde sul posto colpito al petto da una scheggia di granata». (monte Velusina – Macedonia – 17 novembre 1916).

A distanza di poco più di una settimana, a Morassana e ad Arino giunse la notizia della scomparsa del povero Ferruccio. Il tenente colonnello comandante la 35° Divisione, M.L. Cravosio, scrisse alla moglie una lettera toccante, datata 27 novembre 1916:

«Con sommo dolore, comunico alla S.V. che suo marito sottotenente Boschetti Ferruccio, il 17 corr. cadeva gloriosamente colpito da granata nemica.

Conoscendo le preclari virtù dell’eroico Sottotenente, è stato promosso ufficiale per merito di guerra.

Assicuro la S.V. che farò tutto il possibile perché l’eroismo di suo marito non venga dimenticato affinché una meritata ricompensa possa lenire il dolore di tutta la famiglia.

Nel compiere il doloroso dovere, le porgo le mie condoglianze e quelle degli ufficiali tutti del reggimento e le assicuro che ciò che apparteneva al compianto suo marito le sarà rimesso a cura del deposito di questo reggimento.

Il Ten. Colonnello

Comandante Int. del Reggimento

M.L. Cravosio»

Dopo la scomparsa di Ferruccio, la madre e la sorella vissero con il dolore di non poter più vedere il loro amato congiunto e di non poter piangere sulla sua tomba; ma restava incancellabile e tramandato di generazione in generazione il ricordo e l’orgoglio di aver dato un figlio al servizio alla Patria, distintosi per l’onore e il coraggio. A pochi giorni di distanza dalla triste comunicazione, la madre Augusta e la sorella Lavinia avevano dedicato un memoriale.

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Il nome del tenente Boschetti è stato ricordato in testa al monumento dei caduti di Arino. Al momento della scomparsa aveva 38 anni.

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Fernanda Giantin ritira il Gagliardetto della Memoria in memoria di Ferruccio Boschetti

Fonti:

  • Ricordi famigliari appartenenti alla famiglia Giantin;
  • Diario della Brigata Cagliari
  • Per la Medaglia al Valore: Istituto del Nastro Azzurro

Ivan B. Zabeo