La VIII edizione dei Gagliardetti della Memoria si è tenuta a Campagna Lupia domenica 19 novembre 2023.
Oltre a omaggiare le famiglie dei reduci e caduti delle guerre mondiali, della resistenza e delle missioni di pace all’estero, quest’anno sono stati ricordati soldati delle guerre risorgimentale ed è stato creato un gagliardetto speciale (istituzionale) per omaggiare l’internato ignoto.
I video della manifestazione si possono vedere Prima parte e Seconda parte e Terza parte
Allargandosi sempre più la territorialità della manifestazione, abbiamo sentito la necessità di creare il logo “Gagliardetto della Memoria”. Esso rappresenta un bucaneve, fiore che per primo nasce dal ghiaccio e ricorda il gagliardetto che fa emergere le storie dei nostri avi dall’oblio del tempo e della dimenticanza.
TENENTE DI FANTERIA MEDAGLIA D’ARGENTO GIOVANNI SCALFAROTTO
Nato a Dolo nel 1861, Giovanni Scalfarotto avvia una folgorante carriera militare. Diventato Ufficiale nel 1888, nel giro di pochi anni progredisce fino al grado di Tenente. Nel 1894 è in Africa, nella colonia italiana d’Eritrea, assegnato al II battaglione indigeni. Partecipa quindi alla guerra del Tigré per il possesso della regione etiope. Cade in occasione della battaglia di Coatit del 13 e del 14 gennaio 1895, venendo ferito in occasione dei primi scontri contro l’esercito avversario. Viene insignito di Medaglia d’Argento al Valor Militare:
“Sempre alla destra della mezza compagnia, attaccò energicamente il nemico, cadendo poi mortalmente ferito, esempio a tutti di calma, coraggio ed energia. Morì il giorno 14, in seguito alle ferite riportate”.
TENENTE GENERALE DELL’ARMA DEI CARABINIERI E DOPPIA MEDAGLIA DI BRONZO DEMETRIO ROSSI
Classe 1839, nato a Maserada, Treviso, Demetrio Rossi si arruola come volontario nel giugno 1859 e partecipa alla seconda guerra per l’indipendenza nel 24° Fanteria, divisione Mezzacapo. Diventa presto Caporale, avviando così un’incredibile carriera militare. Nel maggio 1860 entra alla Scuola Normale di Fanteria di Modena e ne esce un anno dopo con il grado di Sottotenente, aggregato al 6° Fanteria. Il 10 marzo 1862 partecipa a un’operazione contro i briganti che gli vale la menzione al valor militare, tramutata in Medaglia di Bronzo, “Per la sua ferma condotta e prudenza dimostrata nei fatti di Alcamo”. Nel giugno 1866 diventa Luogotenente e, dopo aver preso parte alla Terza guerra d’indipendenza, alla fine dell’anno entra nell’Arma dei Carabinieri. Rossi opererà in diverse città italiane e partecipa alla lotta contro il brigantaggio. Mentre è a Palermo (1870-1877) viene insignito della seconda menzione, trasformata in Medaglia di Bronzo, per “la viva parte presa in un combattimento contro i briganti a Castelvetrano” il 18 aprile 1872. L’8 maggio partecipa a un’operazione che porta alla cattura di 6 briganti. Dopo aver prestato servizio a Napoli, Milano, Torino e Cagliari, nel 1895 diventa comandante della Legione di Bologna, città dove vivrà fino alla morte avvenuta nel 1925. Oltre alle due medaglie di Bronzo, Rossi è stato nominato Commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia, è insignito della croce dell’ordine dei santi Maurizio e Lazzaro, di due medaglie dell’ordine militare francese e di due commemorative italiane.
Seconda e Terza Guerra per l’indipendenza, campagna contro il brigantaggio nel Mezzogiorno. Due medaglie di bronzo al Valor militare.
PRIMA GUERRA MONDIALE
CAPITANO DI FANTERIA MEDAGLIA D’ARGENTO AL VALOR MILITARE GUIDO NEGRI
Classe 1888, di Este (Padova), Guido Negri è una figura molto importante sia sul piano militare che su quello spirituale. Entra come volontario nelle Forze Armate, avviando una grande carriera da ufficiale, arrivando ad assumere il grado di Capitano nel corso della Grande Guerra. Allo scoppio della guerra italo-turca del 1911 viene chiamato in servizio nel 55° Reggimento di Fanteria, Brigata Marche, nella sede di Treviso. Ancor prima di indossare la divisa, avvia un cammino spirituale che lo impegna sia come componente della Società della Gioventù Cattolica, sia come laico domenicano sotto la guida di San Leopoldo Mandic. Combatte le prime battaglie sul Monte Piana dell’estate 1915. Viene ricoverato ad Auronzo per malattia a più riprese e nel marzo 1916 consegue la laurea in Lettere. Al comando del 5° battaglione del 225° Reggimento Fanteria, Brigata Rovigo, nonostante le pessime condizioni fisiche partecipa alla controffensiva sull’Altopiano di Asiago per la conquista del Monte Colombara. Viene ucciso in battaglia il 27 giugno 1916. Medaglia d’Argento al Valor Militare:
“Primo tra i primi, col nome della Patria sulle labbra, trascinava, con esempio fulgido e magnifico, la sua compagnia all’assalto di una fortissima posizione avversaria. Colpito dal piombo nemico al cuore, la sciava la giovane esistenza sotto i reticolati. Monte Colombara, 27 giugno 1916”.
Guido Negri riposa nel duomo di Este. Il suo amore per la Patria e per Dio, oltre alle gesta compiute sul campo di battaglia, gli valgono l’appellativo di “Capitano Santo”. Nel 1934 viene avviato il processo di beatificazione. Interrotto, viene poi ripreso e poi nuovamente interrotto.
CAPORAL MAGGIORE DI FANTERIA LUIGI RIMANO POI SACERDOTE
Luigi Rimano nasce ad Anguillara Veneta, Padova, nel 1895. Chiamato alla visita di leva nel 1914, viene riformato a seguito di oligoemia. Verrà richiamato alle armi il 5 novembre 1917 e assegnato una settimana dopo al deposito dell’82° fanteria, Brigata Torino, lontano però dalla linea del fronte. Promosso caporale il 23 febbraio 1918, un mese dopo si trova in prima linea, nella 4^ compagnia del 113° Fanteria, Brigata Mantova, che partecipa alle ultime fasi della battaglia del Solstizio, combattendo sul Montello nella zona di Nervesa. Nel corso della battaglia di Vittorio Veneto, la Mantova è assoluta protagonista sin dai primi giorni. Luigi, promosso Caporal Maggiore, combatte a Volpago e dal 27 ottobre avanza inesorabile per Moriago, Farra di Soligo, Cison di Valmarino, Trichiana e, infine, Castedardo. Nel 1919 viene insignito di Croce al Merito di Guerra. Ordinato Sacerdote nel 1923, assume la sua missione a Sambruson dal 1935 al 1951. il 28 aprile 1945 subisce la visita dei tedeschi, alla testa di una colonna di civili prigionieri provenienti da Campagna Lupia, tra cui don Domenico Valente. Minacciato di morte, si rifiuta di consegnare la lista dei partigiani della Fasolato presenti nella sua parrocchia. Grazie all’intercessione di don Antonio Miazzi, parroco di Prozzolo, si salva e contribuisce a salvare la vita dei civili lupiensi.
CAPORALE DI FANTERIA ANTONIO ZICCHI
Il Caporale Antonio Zicchi nasce a Sorso, provincia di Sassari, nel settembre 1898. Dalla sua terra lontana in mezzo al Mediterraneo viene chiamato a difendere la Patria: dal deposito del 51° Fanteria, il 30 giugno 1917 viene assegnato alla Brigata Cremona, 22° Fanteria, del quale diventerà un Caporale il 25 agosto 1917. Un mese dopo arriva nel teatro delle operazioni del fronte isontino. In occasione della battaglia di Caporetto il reggimento di Zicchi si ritira agilmente dal settore di Podlaka verso San Martino Quisca. La destinazione era Palmanova ma per raggiungerla deve subire una lunga deviazione per Campoformido, dove la Brigata combatte per rompere l’accerchiamento. Supera il Piave il 9 novembre dopo alcuni scontri a Fontanelle. A fine novembre la Cremona si trova a Possagno, settore del Tomba; e il 13 gennaio 1918, il 22° è completamente impegnato nella conquista dell’Asolone, conquistato e mantenuto per due giorni. Durante la battaglia del Solstizio iniziata il 15 giugno, l’intera Brigata è costretta a ritirarsi dalle trincee avanzate del Monte Pertica dopo tenaci combattimenti e Zicchi è uno dei pochi superstiti. Rimasto nella zona del Pertica, Antonio viene ferito sul Monte Rivon l’11 settembre 1918 in combattimento e muore nell’ospedaletto di Malga Meda. Riposa sul Monte Grappa, tomba 901. Inizialmente iscritto con il nome Fichi, grazie alle ricerche e alle richieste inoltrate al Ministero della Difesa dalla pronipote Giovanna nel 2006 si ebbe la modifica dell’epigrafe.
SOLDATO DI FANTERIA STOCCO NEREO
Originario di Caltana di Santa Maria di Sala, classe 1888, Nereo Stocco combatte la prima fase della Grande Guerra. Inizialmente assegnato al deposito del 67° Fanteria, Brigata Palermo, viene poi aggregato alla seconda compagnia del 154° Fanteria, Brigata Novara. Alla fine di novembre del 1915, il reggimento di Stocco viene dislocato nella zona di quota 188, Oslavia-Val Peumica. I nemici sono gli austroungarici, il maltempo e il freddo. Nereo Stocco si trova in prima linea quando un bombardamento lo ferisce gravemente e lo lascia senza scampo: una scheggia di granata lo colpisce in pieno petto. Lascia la moglie Amalia Virginia e i piccoli Aldo ed Enrica.
SOLDATO DI FANTERIA SILVIO MANFRIN
Ragazzo del ’99, di Mira, Silvio Manfrin viene arruolato nel 1917 tra le fila del 56° Reggimento di Fanteria, Brigata Marche, impegnata per tutto l’anno alla protezione della linea a destra dell’Adamello, tra Storo e Coridine, in Val Giudicarie. Dopo la ritirata di Caporetto, viene trasferito alla dipendenza del 46° Fanteria, Brigata Reggio, inizialmente posta sul Grappa. Dopo una tranquilla primavera passata tra prima e seconda linea sul Montello, nel giugno 1918, in occasione della battaglia del Solstizio, il reggimento di Manfrin resta in copertura di quello gemello, investito dall’onda d’urto nemica ma capace di resistere. Sarà invece parte attiva nei giorni finali della guerra: prendendo posto nelle trincee di Vidor, scatta l’avanzata e termina le ostilità a Cencenighe. Manfrin sarà richiamato alle armi anche nel maggio 1941 ma la seconda esperienza militare dura una settimana.
SOLDATO DI FANTERIA GIUSEPPE GROSSOLE
Nato nel 1895 a Campodarsego (Padova), Giuseppe Grossole è tra i primi giovani italiani a essere schierati sulla linea del fronte quando iniziano le ostilità contro l’Austria-Ungheria nel maggio 1915. Il suo reggimento, il 45° della Brigata Reggio, è impegnato in Cadore e nel 1915 combatte per la conquista della Valparola, della cima del Falzarego e punta sulle Tofane. Il 5 luglio riceve un elogio da parte del comando di Divisione per lo slancio e il lodevole contegno offensivo dimostrato in un’azione a Pragoite. Tra il 1916 e il 1917 resterà nello stesso settore, nonostante il passaggio al 25° Reggimento, Brigata Como, ma il 23 giugno 1917 viene denunciato al tribunale di guerra del I Corpo d’Armata per insubordinazione verso un ufficiale e un carabiniere. Una settimana dopo la stessa corte stabilisce l’inesistenza del reato. Il 25 ottobre 1917, Grossole viene trasferito sul Monte Piana per sostenere la difesa del 53° Fanteria, Brigata Umbria. Con il crollo di Caporetto, la Umbria è costretta a retrocedere a prende nuova posizione prima sul Montello, alla fine di novembre, e sul Monfenera in dicembre, dove combatte strenuamente contribuendo a bloccare l’avanzata austro-tedesca. A metà febbraio 1918, Giuseppe viene assegnato alla Brigata Alpi, 51° Reggimento, pronto a partire per la Francia. Partecipa alla difesa di Bligny (Argonne) nelle offensive di giugno e di luglio e combatte al Chemins des Dames. Il 5 novembre sarà però nella zona d’armistizio sulla fronte italiana. Tornerà a casa solo alla fine del novembre 1919.
SOLDATO DI CAVALLERIA ATTILIO PAMPAGNIN
Attilio Pampagnin nasce a Fiesso d’Artico nel 1896 e alla fine del 1915 viene chiamato alle armi per partecipare alla Grande Guerra. Entra in cavalleria, assegnato al 20° reggimento, Cavalleggeri di Roma. L’unità, appartenente alla I Divisione Cavalleria operativa in Friuli, nella zona di Palmanova, nel 1916 compie operazioni di controllo della seconda linea del medio Isonzo e a Monfalcone. La guerra di posizione snatura tutta l’arma di Cavalleria ma nel 1917 Attilio e i commilitoni ritornano in sella ai cavalli per agevolare la ritirata della 3^ Armata dalla fronte giulia dopo i fatti di Caporetto, prendendo parte a degli scontri nella zona di Codroipo. Nel corso del 1918 opera nel settore del Piave. Pampagnin resta sotto le armi anche dopo il 4 novembre 1918: nell’aprile 1919 è prima inquadrato nel Genio e poi ritorna all’unità originaria per prendere parte alla spedizione italiana in Anatolia, nella zona di Smirne, per sei mesi. Ritorna in Italia il giorno dell’Epifania 1920.
SECONDA GUERRA MONDIALE
SERGENTE DI FANTERIA MEDAGLIA D’ORO AL VALOR MILITARE CLAUDIO BRESSANIN
Nato a Campagna Lupia nel 1914, Claudio Bressanin partecipa alla guerra d’Etiopia nel 71° Fanteria, Brigata Puglie, venendo congedato con il grado di Caporal Maggiore. Prima dell’inizio della Seconda Guerra Mondiale si trasferisce in Cirenaica con la famiglia per lavorare in un podere del Villaggio Filzi. Cominciate le ostilità con il Regno Unito, Bressanin, promosso Sergente, viene prima inquadrato nel 4° battaglione complementi libici e poi nel 34° battaglione libico, partecipando alla conquista di Sidi El Barrani nel settembre 1940. Viene catturato dagli inglesi nel corso della prima controffensiva alleata ma riesce a fuggire dalla prigionia. Destinato alla difesa di Bengasi e poi al centro di reclutamento e mobilitazione di Homs, dopo la battaglia di El Alamein Bressanin viene inquadrato nel I battaglione del 66° Reggimento di Fanteria Trieste. Partecipa alla battaglia del caposaldo di Takrouna, in Tunisia. Trova la morte sul campo di battaglia il 20 aprile 1943 a seguito delle gravi ferite riportate. Viene insignito della Medaglia d’Oro al Valor Militare con la seguente motivazione:
Comandante di centro di fuoco avanzato, sottoposto a fuoco avversario di artiglieria e di armi automatiche, violento e micidiale, teneva saldo lo spirito dei suoi uomini e, visto l’avversario preponderante che lo assaltava, radunati i pochi superstiti, con estremo spirito di sacrificio si lanciava al contrassalto. Gravemente ferito, persisteva imperterrito nella impari cruenta lotta conseguendo risultati concreti. Morente, incitava i suoi valorosi superstiti a resistere ad oltranza. Negli ultimi aneliti della sua giovane esistenza vergava su un pezzo di carta, col suo sangue Viva l’Italia, sintesi di assoluta dedizione al dovere e di spiccate virtù di combattente. – Africa Settentrionale, 20 aprile 1943.
Campagna Lupia gli ha dedicato una via.
AVIERE SCELTO AIUTO ARMIERE SERGIO DITTADI
Classe 1916, da Sambruson di Dolo, Sergio Dittadi è Aviere della Regia Aeronautica. Arruolato nel 1937, nel 1938 combatte in Spagna nella “Missione Speciale Oltremare” con la 65^ squadriglia d’assalto, inquadrata nel XXXV° Gruppo Autonomo. Ritornato in Italia nel 1939, viene ricoverato presso l’Ospedale Militare di Padova. Nel maggio 1940 viene richiamato alle armi con il grado di Aviere Scelto aiuto armiere e inviato al 47° Stormo di Ghedi. Vola nelle fila della 263^ Squadriglia Bombardamento terrestre con il velivolo Cant. 1007 Bis. Sergio Dittadi muore a bordo del suo aereo, abbattuto il 25 gennaio 1941 durante un bombardamento su Salonicco, pochi giorni dopo la nascita del figlio Franco.
E’ insignito di una Medaglia di Bronzo al Valor Militare e della Croce di Guerra al Valor Militare con la seguente motivazione:
“Abile e valoroso armiere di velivolo da bombardamento già precedentemente distintosi per ardimento e spirito di sacrificio in numerose missione belliche durante un azione raggiunto e bombardato l’obbiettivo, con l’apparecchio colpito dalla reazione antiaerea, precipitava in fiamme” – Cielo Greco Albanese, 16 novembre 1940 – 25 gennaio 1941.
SERGENTE MAGGIORE DI FANTERIA GIOVANNI NORBIATO
Classe 1917, originario di Vigonovo, Giovanni Norbiato viene chiamato alle armi nel 1938 e assegnato al 24° Reggimento, Brigata Como, del quale diventerà Sergente ancor prima dell’inizio delle ostilità il 10 giugno 1940. Inquadrato nella 14^ Divisione Isonzo, partecipa all’invasione della Jugoslavia dell’aprile 1941 ma il 24 aprile viene ritirato dal fronte per osservare un periodo di convalescenza. Promosso Sergente Maggiore nell’estate 1942, Norbiato si trova al comando di divisione di Novo Mesto, Slovenia centrale, al momento della notizia dell’armistizio dell’8 settembre 1943. Il cammino di ritorno verso casa viene interrotto il 15 settembre quando viene catturato dai tedeschi all’altezza di Basovizza. Da quel momento comincia la lunga prigionia in Polonia: dapprima nello Stammlager XXB di Malbork, poi viene detenuto nel campo di lavoro 242 Kolm di Danzica per poi tornare, nel marzo 1944, a Malbork. Dal 25 marzo, invece, si trova nello Stammlager XXA di Torun, dal quale verrà liberato dai russi il 20 gennaio 1945. Smistato in diversi campi polacchi e bielorussi, Norbiato ritorna in Italia all’inizio di ottobre 1945.
SOLDATO DI FANTERIA EGIDIO TERRIN
Nato a Fossò nel dicembre 1921, viene chiamato alle armi il 4 febbraio 1942 e assegnato al deposito del 62° Reggimento Fanteria motorizzato della Divisione Trento, 1° battaglione. Tuttavia, non parte per il fronte nordafricano. Il 16 maggio viene infatti ricoverato all’ospedale di Trento e ritorna al corpo un mese dopo, assegnato al deposito del 51° Fanteria, stessa divisione. Nei giorni immediatamente successivi all’8 settembre 1943 viene fatto prigioniero e deportato nel campo di Furstenberg, lavorando alle infrastrutture ferroviarie, e a Cottbus. Colto in flagrante per aver aiutato un commilitone in difficoltà, viene imprigionato per 52 giorni e poi subirà mesi di lavoro forzato nei campi. Viene liberato dall’Armata Rossa il 2 febbraio 1945 mentre è nel campo di Luckenwald. Rientrerà in Italia nel settembre 1945 dopo esser stato impiegato dai sovietici a Varsavia come aiutante per estrarre i proiettili nel corpo degli animali. Stabilitosi a Venezia, morirà a 92 anni.
GUERRA DI RESISTENZA
PARTIGIANO ANGELO PERUZZO
Nato nel 1927, il liceale Angelo Peruzzo aderisce alla guerra partigiana sin dalle prime fasi nonostante la presenza di un reparto di SS nella sua abitazione dell’attuale via Manin, a Campagna Lupia. Informatore, collabora con la Brigata Gramsci di Campagna Lupia e di Bojon nella preparazione di sabotaggi e imboscate. Viene ucciso appena diciottenne il 28 aprile 1945 davanti al bar centrale di Campagna Lupia da dei soldati tedeschi in ritirata che lo colpiscono a tradimento alla testa con il calcio del fucile. Riposa nel cimitero di Campagna Lupia. Sulla lapide, viene commemorato con la scritta “Con nobile sacrificio della fiorente giovinezza l’onore sugellò dei partigiani d’Italia nella pace di Cristo per sempre”.
MARESCIALLO DEI CARABINIERI E PARTIGIANO CESARE OMETTO
Originario di Cazzago di Pianiga, classe 1894, Cesare Ometto entra nei Carabinieri prima dello scoppio della Grande Guerra. Dopo il primo periodo passato a Verona, alla fine del novembre 1916 riporta una lesione alla regione frontale sinistra in seguito all’investimento di un treno a Cervignano. Qualche mese dopo, nel febbraio 1917 entra nella I Divisione autonoma mobilitata e, dopo esser stato ammesso alla rafferma biennale il 1° ottobre 1917, nel gennaio 1918 entra nel 391° Plotone Mobilitato dei Carabinieri e in giugno si trova a Genova. Nel periodo tra le due guerre svolge servizio nelle stazioni delle principali città venete e viene insignito della Corona Reale e della Croce d’Argento per anzianità di servizio. Nel dicembre 1940 viene finalmente promosso Maresciallo. Nel settembre 1943 Ometto è di stanza a Fiume. Per ordine dei superiori, resta alla guida della caserma anche dopo l’arrivo dei tedeschi con il compito di aiutare i soldati italiani sbandati dai Balcani. La sua permanenza in Istria si conclude il 12 dicembre 1943 quando fugge. Rientrato in Riviera, si schiera con la Resistenza e assume il nome di battaglia Lupo. Comandante di Plotone, prende parte a tutte le operazioni militari e di sabotaggio compiute lungo il Naviglio tra l’inizio del 1944 e la fine della guerra. Dopo gli arresti del gennaio 1945 che decapitano la Resistenza dolese, Ometto diventa il capo del nucleo antifascista armato.
PARTIGIANO ONIGEL OMETTO
Il giovane cazzaghese Onigel Ometto, classe 1924, nel giugno 1944 entra nella resistenza operante tra Dolo e Cazzago di Pianiga partecipando a operazioni di sabotaggio e di sostegno a tutti quei giovani che cercavano di salvarsi dalla morsa del Bando Graziani. In occasione di un’operazione organizzata nella zona della stazione ferroviaria di Dolo il 10 luglio 1944, i partigiani vengono intercettati da una pattuglia di paracadutisti della RSI. Nello scontro a fuoco, il quasi ventenne Onigel viene gravemente ferito alla gamba sinistra dai colpi di una mitraglietta semiautomatica, restando invalido.
SOLDATO DI FANTERIA E PARTIGIANO MARIO DAL CORSO
Classe 1897, nato a Santa Maria di Sala, Mario Dal Corso partecipa inizialmente alla Grande Guerra. Aggregato al deposito del 72° fanteria, Brigata Puglie, il 2 giugno 1917 viene assegnato al 114° Fanteria, Brigata Mantova, posizionata sul fronte isontino. Dopo il mese di luglio trascorso nelle trincee di Monfalcone, Dal Corso è assegnato al 66° Reggimento, Brigata Valtellina, e partecipa alla sanguinosa 11^ battaglia dell’Isonzo sulle colline di Selo, nella zona proprio di Monfalcone, e la controffensiva austriaca del Flondar del 4 giugno 1917. Non subisce la ritirata di Caporetto perché la sua unità era in riposo a Brescia, ma partecipa alla fase finale della battaglia di Vittorio Veneto combattendo sulla linea Astico-Altipiani-Cima Tre Pezzi, terminando la guerra in piena avanzata. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale abbraccia sin da subito la causa partigiana ed entra nell’organizzazione Libertas fondata da Francesco Petrin, con il quale collaborerà per aiutare a nascondere soldati alleati presenti nella zona del salese. È insignito dell’onorificenza di Cavaliere di Vittorio Veneto.
PARTIGIANO DON ANTONIO PEGORARO
Antonio Pegoraro nasce nel 1911 ad Alpenbrik, in Germania, ma con la famiglia originaria di Zanè, provincia di Vicenza. Diventa presto sacerdote e prende servizio prima ad Asiago, poi a Roma e, dalla fine del 1943, a Caltana di Santa Maria di Sala. Noto antifascista, mentre è a Roma fornisce supporto ai soldati in fuga dopo l’8 settembre. Entra nella Resistenza all’inizio del 1944, diventando uno degli organizzatori della Brigata cattolica Guido Negri. E’ l’ideatore della Beffa del Dolo, operazione militare condotta dalla brigata nel pieno centro della città per rubare, nelle sedi delle forze armate fasciste, armi, munizioni ed equipaggiamento. La profanazione del cimitero per nascondere la refurtiva e il pericolo scampato di una rappresaglia nei confronti dei suoi parrocchiani portano il Vescovo di Padova a cacciarlo da Caltana. Scappato all’arresto, si ritira sul Grappa e diventa guida spirituale degli uomini della brigata Italia Libera, mantenendo un forte legame con la pianura contribuendo a garantire alle truppe in montagna derrate alimentari. Sostiene e accudisce i partigiani impegnati a contenere l’offensiva nazifascista contro il Monte Grappa. Catturato il 21 settembre 1944, si salva gettandosi da un dirupo prima della fucilazione. Miracolosamente salvo, riesce a fuggire a Caltana e poi a Venezia dove svolge attività partigiana fino alla liberazione.
PARTIGIANO SERGIO DANIELI
Sergio Danieli, nato a Vigonovo nel 1923 ma poi residente a Fossò, si arruola nel 1942 e viene inquadrato in un reparto motorizzato operante in Francia, venendo promosso con il grado di Caporale. Dopo una lunga malattia polmonare, viene aggregato alla guardia di Villa Torlonia, la residenza estiva di Mussolini, nel 1943. Diventa partigiano il 1 giugno 1944, inquadrato nel battaglione Gramsci. Nel corso di un rastrellamento ordito dalle Brigate Nere e dalla Guardia Nazionale Repubblicana a Fossò avvenuto il 13 giugno 1944, viene arrestato nell’atto di lanciare una bomba a mano contro i militari fascisti. Inizialmente recluso a Santa Maria Maggiore a Venezia, dalla fine di luglio viene deportato in Germania, imprigionato nel campo di Waldenburg fino alla liberazione.
SERGENTE MAGGIORE DELL’ESERCITO LODDO LEONARDO
Cagliaritano classe 1984, arruolato nel 2006 nei Lagunari
Nel 2012 era volontario alle dipendenze del Comando Brigata Sassari a Shindad (Regione di Herat) in Afghanistan.
Nelle operazioni di peacekeeping svolte dalla missione, Loddo svolse numerosi servizi per portare soccorso e viveri d’urgenza alle popolazioni del luogo.
Il 20 febbraio rientrando da una missione umanitaria nei villaggi della zona, in pieno deserto con temperatura sottozero e vento impetuoso, il veicolo tattico Lince (mezzo anfibio) su cui si trovava il mitragliere Loddo, nell’attraversamento di un guado si capovolse. L’allora Caporale Maggiore riuscì ad uscire dal mezzo tentando invano di aprire il portellone ed estrarre i suoi compagni.
Venne salvato da altri militari italiani ed americani riportando un principio di crisi ipotermica.
Nel 2017 il Comune di Cagliari gli conferì la medaglia della Città come riconoscimento del coraggio, della concreta sensibilità umana e della professionalità dimostrate.
Attualmente è impiegato al Comando Forze Operative Nord di Padova.
GAGLIARDETTO ISTITUZIONALE
TEMPIO DI TERRANEGRA (PADOVA) DEDICATO ALL’INTERNATO E IN MEMORIA DELL’INTERNATO IGNOTO
In occasione dell’80° anniversario dei fatti dell’8 settembre e in memoria di tutti i soldati italiani catturati dai tedeschi, condotti nei campi di prigionia dell’Europa nazista, pronti a rifiutare l’adesione alla Repubblica Sociale Italiana; morti e piegati dalla dura prigionia; in rappresentanza di tutti gli IMI ricordati nelle otto edizioni precedenti del Gagliardetto della Memoria, Riviera al Fronte consegna il Gagliardetto istituzionale al Tempio Nazionale dell’Internato Ignoto di Padova considerato il “secondo Altare della Patria”, perché dal 1953 custodisce le spoglie di un internato ignoto prelevate da una fossa comune di Colonia (Germania).
E’ stato insignito della Medaglia d’Oro al Valor Militare con la seguente motivazione:
“Militare fatto prigioniero o civile perseguitato per ragioni politiche o razziali, internato in campi di concentramento in condizioni di vita inumane, sottoposto a torture di ogni sorta, a lusinghe per convincerlo a collaborare con il nemico, non cedette mai, non ebbe incertezze, non scese a compromesso alcuno; per rimanere fedele all’onore militare e di uomo, scelse eroicamente la terribile lenta agonia di fame, di stenti, di inenarrabili sofferenze fisiche e soprattutto morali. Mai vinto e sempre coraggiosamente determinato, non venne meno ai suoi doveri, nella consapevolezza che solo così la sua Patria un giorno avrebbe riacquistato la propria dignità di Nazione libera.
A memoria di tutti gli internati il cui nome si è dissolto, ma il cui valore ancor oggi è esempio e redenzione per l’Italia.”