Archeologia della Grande Guerra. Storia, legislazione e casi di studio


L’OPERA

Sono trascorsi più di cent’anni dal Primo conflitto mondiale ma i segni che esso ha lasciato sul territorio sono ancora molto spesso ben visibili. Trincee, gallerie, fortificazioni e baraccamenti sono rimasti per decenni alla mercé di escursionisti e recuperanti, oltre che del tempo. Con il passare degli anni la ricerca, oltre che storica e collezionistica, è diventata archeologica andando a costituire un nuovo tassello della più ampia e meglio conosciuta Battlefield Archaeology; tra sempre nuove e Leggi regionali e nazionali, sperimentazioni in laboratorio e progetti di scavo mirati promossi dalle Università e dalle Soprintendenze, essa permette di ricostruire aspetti inediti della vita in trincea e, nel contempo, tenta di dare un nome alle centinaia di caduti che ancora oggi riposano sui vecchi campi di battaglia.
Un libro che si pone quindi l’ambizioso progetto di essere un vademecum per molti, quasi una sorta di manuale di introduzione allo studio di questa disciplina, dedicato a coloro che si avvicinano a questo nuovo ed interessante argomento o voglio semplicemente saperne di più.
Testo a cura dell’archeologo Nicola Cappellozza (SAP Società Archeologica), che ha partecipato al al recupero e allo studio dei resti di numerosi caduti della Grande Guerra in alta quota.

L’AUTORE

Alberto Donadel, dolese, classe 1987, è membro fondatore di “Riviera al Fronte“. Laureato in Scienze dell’Antichità con il massimo dei voti all’Università Ca’ Foscari di Venezia, si interessa di archeologia e di Prima guerra mondiale fin da bambino; da anni ricerca e ricostruisce le vicende dei caduti della Riviera del Brenta relativi al periodo 1915-1919, ma anche del territorio in cui vissero e talvolta morirono. Appassionato di montagna e di viaggi, sfrutta sempre le occasioni per raccogliere notizie, foto e dati che potrebbero tornare utili per le sue ricerche.
Nel 2021, insieme ad Armando Saccoman, ha pubblicato la sua prima opera: “La retrovia del fronte. Stra e Vigonovo durante la Grande Guerra

Attività 2023

Nel corso dell’anno ci siamo concentrati sulla presentazione dei libri dei nostri soci e, vi assicuro, che il lavoro è stato intenso.

Qui trovi il video della Presentazione di Pianiga

Qui trovi il video della Presentazione di Dolo

Nel corso dell’anno ci siamo concentrati sulla presentazione dei libri dei nostri soci e, vi assicuro, che il lavoro è stato intenso.

Qui trovi il video della Presentazione di Pianiga

Qui trovi il video della Presentazione di Dolo

e alla organizzazione dell’VIII Cerimonia di consegna dei Gagliardetti della Memoria che trovate qui.

Attività 2022

Il 2022 si apre con maggiore positività rispetto all’anno precedente: la caduta di molte restrizioni legate al problema pandemico, l’ingresso di nuovi soci all’interno del gruppo ed il conseguente spalancarsi di nuove zone di ricerca e divulgazione storica, ci danno nuova linfa.

25 aprile
STAFFETTA SOCIAL FINE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

Anche quest’anno si opta per raggiungere una più ampia utenza attraverso il nostro canale YouTube, pubblicando, scadenzati nell’arco di tutta la giornata, una quarantina di video incentrati sul tema della Seconda guerra mondiale.

Il grande impegno di tutte le persone ed associazioni coinvolte e il consueto elevato livello del materiale proposto dai partecipanti, ci permettono, ancora una volta, di offrire uno spaccato inedito della tragedia della Seconda guerra mondiale per testimoniare quanto la guerra sia tragica sempre ed ovunque e quanto sia intenso il profumo della pace.

I giorni che stiamo vivendo ci fanno ricordare che non si deve mai abbassare la guardia nella difesa della libertà e della democrazia anche se tecnologia e mondo globalizzato permettono di far girare più velocemente le idee di pace e progresso.

Riteniamo che la cultura, la ricerca storica e, soprattutto la sua divulgazione, debbano proseguire utilizzando anche le metodologie tecnologiche, per mantenere sempre alto il significato della memoria e del ricordo e per proclamare intensamente la voglia di pace che la conoscenza delle tragedie del passato può agevolare.

9 ottobre
VII EDIZIONE DEI GAGLIARDETTI DELLA MEMORIA

La possibilità di ritrovarsi come un tempo all’interno delle sale messe a disposizione dagli Enti Locali, ci consente di ritornare in mezzo alla gente con la nostra oramai consolidata cerimonia dei “Gagliardetti della Memoria“. La ricca documentazione fotografica messaci a disposizione delle famiglie e la presenza di un’ampia e nuova platea, ci permette di far luce sulle vite di tanti nuovi reduci.
La cerimonia, molto sentita, vede ricordati 6 soldati delle Grande Guerra, 11 soldati (partigiani e non) della Seconda guerra mondiale e 2 soldati periti in addestramento in tempo di pace.

I video della manifestazione si possono vedere Prima parte e Seconda parte e Terza parte

La retrovia del fronte. Stra e Vigonovo durante la Grande Guerra

L’OPERA

Nel libro vengono raccontati fatti ed aneddoti concernenti i Comuni della Riviera del Brenta di Stra e Vigonovo durante la Prima guerra mondiale. Oltre a fare un excursus sulla situazione politica, economica e sociale dei due centri rivieraschi, viene approfondita la parte relativa al contesto bellico vissuto dai due Comuni, divenuti importanti poli logistici specialmente dopo i giorni di Caporetto.
Un ruolo centrale lo svolge la ricostruzione delle vite dei 149 cittadini periti durante il conflitto, attraverso documenti d’archivio, articoli di giornale e testimonianze messe a disposizione dagli eredi. Non manca infine una disamina sui vari ospedali da campo transitati nel territorio, in particolare il n. 037 (Villa Loredan-Rova) ed il n. 057 (Villa Nazionale Pisani), ed i relativi siti di sepoltura in cui trovarono iniziale sepoltura 203 soldati italiani e 15 soldati austro-ungarici.

Il testo è rivolto alle famiglie ma anche agli appassionati di storia e a tutti coloro che desiderano arricchire la propria biblioteca con un testo certamente diverso dal solito, che si rivelerà anche utile qualora si desiderasse visitare questi luoghi ed in particolare conoscere con occhi nuovi, magari visitandola, la bellissima Villa Nazionale Pisani.

GLI AUTORI

Alberto Donadel, dolese, classe 1987, è membro fondatore di “Riviera al Fronte“. Laureato in Scienze dell’Antichità con il massimo dei voti all’Università Ca’ Foscari di Venezia, si interessa di archeologia e di Prima guerra mondiale fin da bambino; da anni ricerca e ricostruisce le vicende dei caduti della Riviera del Brenta relativi al periodo 1915-1919, ma anche del territorio in cui vissero e talvolta morirono. Appassionato di montagna e di viaggi, sfrutta sempre le occasioni per raccogliere notizie, foto e dati che potrebbero tornare utili per le sue ricerche.

Armando Saccoman, residente a San Pietro di Stra, classe 1942, si è diplomato con il massimo dei voti alla Facoltà Teologica del Triveneto di Padova e per anni è stato un impiegato del Municipio di Stra. Ha pubblicato diverse ricerche in ambito storico locale e svolge numerose ricerche archivistiche presso l’archivio municipale da lui sapientemente e meticolosamente riordinato negli anni. La sua opera di ricerca ha consentito di ricostruire nel dettaglio le vicende del cimitero militare di San Pietro di Stra e di recuperare una significativa mole di dati su tutti i soldati ivi sepolti.

Attività 2021

Il 2021 si apre sulla scia degli eventi nazionali e mondiali del 2020. La pandemia da Covid-19 ha segnato le nostre attività relegandole, almeno per la prima parte dell’anno, alle sole videoconferenze. La stessa fine del 2020 ha portato ad un cambio di ruoli all’interno dell’associazione.

La partecipazione alle Staffette Social 2020 di oltre un centinaio di appassionati, associazioni, amministratori pubblici che hanno reso queste rassegne un vero impegno collettivo ed il riconoscimento del pubblico, con le decine di migliaia di visualizzazioni dei video proposti, ci hanno indotti a continuare sulla stessa strada.

31 gennaio
STAFFETTA SOCIAL GIORNATA DELLA MEMORIA

Questa volta avremo anche la partecipazione delle Comunità Ebraiche di Venezia e Padova e di alcune scuole perché il messaggio lasciato da questa celebrazione riguarda soprattutto le nuove generazioni. Non dimenticare, in questa occasione, è ancor più fondamentale perché va oltre lo studio della storia, va verso i valori della solidarietà, dell’uguaglianza e del rispetto nei confronti di tutto il genere umano.
Vogliamo così elevare il significato della memoria e del ricordo, che mai deve abbandonare la nostra società: sarebbe un errore capace di farci ritornare indietro con il timore di rivivere nuovi drammi.

Rivedi gli interventi nel canale YouTube

25 aprile
STAFFETTA SOCIAL GIORNATA DELLA LIBERAZIONE

Causa il protrarsi della pandemia vogliamo continuare ad essere vicini agli appassionati e a tutti i cittadini che credono nei valori della pace e della conservazione della memoria anche se, ancora in modalità tecnologica.

Dalla Riviera del Brenta allarghamo il raggio di interesse a Noventa Padovana e a Cavallino Treporti, fino a coinvolgere studiosi che arrivano da Ferrara. Sono presenti l’ANPI e tanti appassionati insieme ai sindaci di vari comuni che uniranno, alle commemorazioni ai monumenti ai caduti, un messaggio ai loro cittadini in modalità tecnologica.

Non dimenticare, è il punto fermo per ripartire. Così come hanno fatto i nostri padri e i nostri nonni dopo le tremende tragedie belliche del Novecento, oggi vogliamo lanciare questo appello per continuare a credere in una ripartenza dell’Italia, grazie anche alla cultura, dopo la tragedia della pandemia. Rivedi gli interventi nel canale YouTube

13 agosto
PRESENTAZIONE LIBRO “LA RETROVIA DEL FRONTE”

In occasione della sagra di “S. Rocco” viene presentato al pubblico, in Piazza Cantiere a Dolo, il nostro ultimo libro La retrovia del fronte. Stra e Vigonovo durante la Grande guerra (Mazzanti Ed.) del nostro socio Alberto Donadel e del suo collaboratore e nostro sostenitore Armando Saccoman. 

4 novembre
STAFFETTA SOCIAL GIORNATA UNITA’ NAZIONALE E DELLE FORZE ARMATE

L’andamento epidemico (Covid-19) limita ancora fortemente le nostre attività. Se da un lato abbiamo deciso di evitare, anche per quest’anno, l’oramai consueta cerimonia dei “Gagliardetti della Memoria“, dall’altro abbiamo deciso di riproporre, nella giornata del 4 novembre, in occasione delle celebrazioni per la conclusione della Grande Guerra, l’oramai consueta “staffetta della memoria” i cui contenuti multimediali trovate nel canale YouTube.

Siamo inoltre invitati a partecipare ad un importante Forum del progetto Interegg Italia-Slovenia dove il Presidente parla dei valori della pace che provengono dall’esperienze delle guerre e dell’importante argomento del recupero e mantenimento della memoria.

Un soldato con le ali. Sottotenente Pietro Aldo Cacciola: da Messina alla Riviera del Brenta – di Antonio Vittorio Giacomini

L’OPERA

Per quest’impresa editoriale con “Riviera al Fronte” e Mazanti Libri,  Antonio Vittorio Giacomini si cala nei panni di un detective storico alla ricerca della verità circa la sorte di un giovane e sfortunato pilota di caccia della RSI caduto in un caldo giorno d’estate del 1944 nei pressi di Dolo. Un errore? Un incidente? O è forse qualcosa di più?
Guidato dai pochi ma preziosissimi indizi disponibili e da una ragguardevole dose di fortuna, sia in loco che negli archivi nazionali, Antonio riesce a ricostruire nel dettaglio la nebulosa vicenda del S. Ten. Pietro Aldo Cacciola, nato di Messia il 28 agosto 1923e perito in un micidiale schianto al suolo nei pressi del canale Seriola.
L’intera ricerca, piacevolmente narrata anche a voce dallo stesso autore (libro parlato che fa uso della tecnologia del QR-Code), fa largo uso della documentazione d’archivio, impiegata senza far ricorso ad alcun punto di vista personale e rimanendo pertanto imparziale e distaccata.

L’AUTORE

Antonio Vittorio Giacomini, nato a Saletto di Borgo Veneto ma residente a Mira, si è laureato in Informazione, Media e Pubblicità ad Urbino con una tesi di Laurea giunta 2^ nel 2015 al concorso internazionale indetto dal Centro Studi e Ricerce “Mario Pannunzio” di Torino. Appassionato di paracadutismo sportivo, dal 1986 è dipendente in ruolo presso il Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBACT).

Una voce dall’Africa Orientale Italiana: Eliseo Longhin

LonghinF0719a_w

Quando si parla della guerra italiana, il fronte dell’Africa Orientale viene spesso messo in secondo piano. Ci si limita a dire che nel 1941 l’Italia perdeva l’Abissina. Quella dell’Impero è stata un’esperienza molto breve: fondato nel 1936 dopo la campagna d’Etiopia, quando scoppia la guerra contro il Regno Unito il 10 giugno 1940 è evidente che l’intero esercito schierato nel Corno d’Africa e senza collegamenti con la madrepatria non avrebbe mai potuto resistere a un’offensiva britannica.

Eppure, come abbiamo visto nel corso della nostra cronaca giorno per giorno, è proprio lungo i confini dell’Abissinia che l’Italia mostra la sua intraprendenza militare. Se in Libia si vive l’incertezza, ad Addis Abeba il comando italiano passava all’attacco e invade la Somalia britannica e opera al confine con il Sudan.

Tra i rivieraschi a difendere il Tricolore sabaudo in Abissinia c’è anche il carrista Eliseo Longhin, classe 1917, originario di Campagna Lupia. Chiamato nel 1937 per il servizio militare, poco prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale viene trattenuto alle armi e parte per l’Africa Orientale: si imbarca a Brindisi e nell’aprile del 1940 sbarca a Massaua, in Eritrea.

2020-08-03_153834

Scoppia la guerra contro il Regno Unito e a differenza di quanto succede nel Mediterraneo, l’esercito italiano sull’Oceano Indiano combatte sapendo di essere in una condizione complicata, senza collegamenti e rifornimenti con l’Italia, circondata da forze ostili. Eppure in luglio viene occupata la Somalia britannica. Il 17 agosto Eliseo Longhin è uno dei protagonisti della battaglia di La Faruk. Vi partecipa a bordo del suo carro armato. Lo sviluppo della sua personale battaglia viene spiegato grazie alla motivazione della concessione della Croce al Merito di Guerra:

Pilota di carro M in un violento combattimento del reparto su un terreno impervio, si lanciava col proprio carro tentando di raggiungere un centro di armi automatiche, che arrestava l’azione delle Fanterie. Ferito in numerose parti del viso, persisteva nel coraggioso tentativo finché il sangue delle ferite non gli toglieva ogni possibilità visiva. Chiaro esempio di abnegazione e di non comune sprezzo del pericolo.” 

Anni dopo essere tornato a casa dai propri cari, Eliseo racconta quell’esperienza: il tank davanti al suo esplode; una scheggia colpisce il suo carro e viene ferito alla testa. Il sangue gli cola sugli occhi ma non smette di combattere, continuando a guidare e portando a termine la missione. Per Eliseo non era stato nulla di straordinario ma un atto dettato dal senso del dovere che sempre lo aveva contraddistinto.

L’esperienza dell’Africa Orientale Italiana termina verso la fine del maggio 1941. Longhin viene catturato dagli inglesi e viene spostato da un campo all’altro, nei deserti del Kenya e del Sudafrica. Una lunga assenza da casa terminata il 31 maggio 1947. La famiglia lo aveva dato per disperso perché non aveva più sue notizie. Ma è festa grande quando torna in paese: le campane della chiesa di Campagna Lupia suonano a dare il felice annuncio e il padre, reduce della Grande Guerra, offre da bere a tutto il paese. Eliseo era tornato in un mondo completamente diverso rispetto a quello lasciato dieci anni prima: l’Italia aveva perduto il conflitto, Mussolini era caduto, il Re scappato dopo l’8 settembre 1943 e le italiane e gli italiani avevano potuto votare per la prima volta scegliendo di diventare una Repubblica. Il paese era distrutto e andava ricostruito.

Eliseo vuole voltare pagina. Era sempre stato una persona riservata e schiva ma come lui molti altri reduci decisero di non tornare più sui drammi e sulle privazioni vissute. Una regola che vale soprattutto in una famiglia in cui i suoi fratelli avevano combattuto in Albania, mentre chi era rimasto a casa aveva sofferto ansia e incertezza, fame, oltre alla brutale occupazione militare e il pericolo di essere falciato dal “Pippo” inglese.

Pure la moglie non vuol sentirne parlare: secondo lei la guerra e la prigionia avevano portato via ad Eliseo gli anni migliori e, una volta tornato a casa, per di più a due anni di distanza dalla fine, per lui non c’era molto: per entrare nelle fabbriche migliori servivano istruzione, formazione e soprattutto raccomandazioni che lui non aveva.

2020-08-03_151929

Ma quando Eliseo diventa prima padre e poi nonno inizia ad aprirsi. Probabilmente sente il dovere di raccontare come monito alle nuove generazioni. A loro riserva aneddoti che facevano sognare un continente lontano: gli struzzi che mangiavano qualsiasi cosa venisse poggiata sui davanzali delle finestre incluse radio e lamette, gli scorpioni che si suicidavano pungendosi da soli quando venivano messi in un cerchio di fuoco, le urla delle iene. Una volta finito l’incanto, andava sulla sua storia personale rimarcando sempre quanto fosse stato fortunato a finire in un campo di prigionia inglese, dove i prigionieri erano trattati bene; i britannici avevano perfino organizzato una scuola che aveva frequentato e di cui era molto orgoglioso. Parlava anche delle infezioni, della malaria, di quando un attacco di dissenteria durante un trasferimento gli aveva fatto perdere il convoglio e la preziosa valigia con dentro tutti i suoi averi più cari, come la giacca in pelle da carrista, le camicie in seta fatte con la stoffa dei paracadute.

Nelle sue parole non c’era amarezza o rabbia, forse perché quando aveva iniziato a raccontare la guerra era lontana e lui era sereno.

È stato iscritto all’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci da quando è tornato e ha partecipato a tutte le celebrazioni del 4 Novembre all’altare dei caduti del paese portando con sé anche i riluttanti nipoti per far capire l’importanza di quello che era stato e delle vite che erano andate perdute.

Lo scorso 24 novembre, in occasione della sesta edizione dei Gagliardetti della Memoria di Riviera al Fronte, viene consegnato nelle mani della figlia Franca e delle nipoti Anna e Francesca il gagliardetto in onore di Eliseo e per ringraziare la famiglia per averne perpetuato il ricordo.

LonghinF0719b_w

Attività 2020

Il 2020 era l’anno in cui stavamo organizzando, insieme a una ventina di associazioni, le manifestazioni per il 75° anniversario della fine della Seconda guerra mondiale, ma la pandemia di Covid 19, pur impedendoci di presentarci dal vivo, ci ha anche dato l’opportunità di esplorare nuove modalità tecnologiche di incontro. Il calendario è stato comunque ricco di eventi e durante l’estate ci ha permesso di tornare a incontrarci dal vivo.

25 aprile 2020
STAFFETTA SOCIAL FINE SECONDA GUERRA MONDIALE

Grazie alla possibilità di pubblicare nel canale YouTube e nelle pagine Facebook dell’associazione abbiamo coinvolto una quarantina di associazioni, studiosi, studenti e professori, amministrazioni pubbliche (Sindaci e assessori dei comuni rivieraschi) che ci hanno offerto contributi storici, letterari, musicali che hanno raggiunto migliaia fi persone per tutta la giornata in una sequenza continuativa dal mattino fino alla sera. E’ stato creato un nuovo format di successo che ci accompagnerà ancora finché non saranno eliminate totalmente le restrizioni.
Tutti i video degli interventi si possono trovare qui

12 agosto 2020
UN SOLDATO CON LE ALI di ANTONIO GIACOMINI

Liberi per qualche settimana dalle restrizioni dovute al Covid, durante la sagra di San Rocco a Dolo abbiamo presentato la prima fatica storico letteraria del socio Antonio Giacomini “Un soldato con le ali” di cui trovate tutte le indicazioni qui

4 novembre 2020
STAFFETTA SOCIAL FINE GRANDE GUERRA

La staffetta social raddoppia e per le commemorazioni della Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze armate si svolge in due giornate (sabato 7 e domenica 8) con addirittura 87 interventi che potete rivedere e riascoltare nel canale Youtube cliccando qui.

La campagna di Francia del 1940: Giuseppe Nichele

Giuseppe Nichele, classe 1917, nasce a Monastier di Treviso.
Dopo la guerra si trasferisce a Mira per lavorare come addetto mensa in una delle più importanti aziende della zona, ancora oggi esistente vicino alla stazione ferroviaria. Riviera al Fronte lo intervista nell’aprile 2015 in vicinanza alla prima edizione dei Gagliardetti della Memoria, cerimonia svolta nella Sala Consiliare del Municipio di Dolo il 26 di quel mese. È stata un’intervista preziosa e raccolta in tempo considerato che di lì a poco sarebbe mancato.

nichelegiovane

Giuseppe è il nome della famiglia: come lui si chiamavano anche il papà e il nonno. Una volta compiuti 20 anni parte per il militare, arruolato nella Guardia di Frontiera. Il primo periodo sotto le armi lo trascorre al confine con la Francia, sul Moncenisio, all’interno del forte Malamot, con il compito di controllare l’intera Val di Susa. Lì passa tutto il periodo della leva, le estati di sole ma soprattutto i tremendi inverni di neve e ghiaccio che toccavano i – 40 gradi. La sfortuna vuole che 12 giorni prima del congedo scoppiasse la guerra. Giuseppe resta quindi in divisa per combattere. Il conflitto con la Francia non si sblocca e diventa presto una “guerra tra fortificazioni!”.

Già prima delle ostilità la situazione del Regio Esercito è pessima, l’organizzazione approssimativa e le razioni di cibo scarse e mal rifornite a causa dell’alta quota. I militari sono quindi costretti a chiedere aiuto ai valligiani. Dopo la fine delle operazioni le camicie nere faranno di peggio, valicando il vecchio confine e saccheggiando tutto quello che incontravano. Il nemico è il freddo e lo sarebbe stato anche dall’autunno 1940. I militari non dispongono di un adeguato equipaggiamento da montagna e, proprio perché mal vestiti, molti sono i morti per assideramento oppure gravemente feriti per congelamento degli arti. Ciononostante le truppe della Guardia di Frontiera sono chiamate a costruire trincee e a pattugliare il bordo del lago di Moncenisio, anche sotto le bufere di neve che spesso si rivelano mortali. La forza delle bufere spinge i soldati all’interno del lago ghiacciato e molti muoiono congelati.

CIMG4275

La guerra contro la Francia comincia il 10 giugno 1940 e dura pochi giorni. Non avvengono grossi scontri, si lotta però con le artiglierie. I francesi, tramortiti da quello che sta succedendo con la Germania e traditi dall’Italia fascista sono ormai vicini alla capitolazione ma cercano di far saltare in aria la diga del lago di Moncenisio. Un obiettivo sensibile perché, una volta crollata, avrebbe inondato e distrutto Torino. La guerra dei forti va avanti per qualche giorno: la Francia si arrende. Quanto basta per cambiare la vita di Nichele, rimasto sordo, colpito dall’onda d’urto dello scoppio di uno dei cannoni in azione sul Malamot. La sua guerra non si conclude: dopo un periodo di licenza e di riposo a Susa, ritorna in cima come addetto alla mensa. In seguito a una ricaduta viene inviato in licenza di convalescenza per tre mesi, poi prorogata.

La guerra contro la Francia dura poco e la Storia la archivia dopo le due settimane di scontri. Ma quello che ci ha raccontato Giuseppe nell’aprile 2015 dimostra che il conflitto era proseguito sotto altre forme. Oltre alla sordità, Nichele viene colpito dal congelamento di un piede e il ferimento sul reticolato mentre stava indossando gli sci.

Dopo le ostilità sulle Alpi molti soldati vengono spostati da un fronte all’altro previo sorteggio. Alcuni dei compagni di Nichele sono assegnati alla Libia e alla Jugoslavia. Ed è proprio parlando di questi ultimi che Giuseppe si è rattristato. Tra il 1941 e il 1942 circolava una voce tra i soldati, soprattutto tra quelli destinati nei Balcani, che volevano i militari italiani giustiziati dai partigiani dopo aver bloccato i treni nelle gallerie. Una voce che Giuseppe vede trasformarsi in tragica realtà a seguito di una visita medica al distretto militare di Padova dopo l’8 settembre 1943. A visitarlo è un medico superiore, reduce anche lui dal Malamot, poi trasferito in Jugoslavia. Il dottore era diventato un’altra persona, fisicamente invecchiato, con i capelli bianchi nonostante la giovane età. Giuseppe si informa sulla fine fatta dagli amici della Francia e viene a sapere delle fucilazioni commesse dai partigiani nei confronti dei militari italiani e di altri metodi di guerriglia. Giuseppe ha la mente lucida e ricorda con profonda tristezza gli amici caduti in queste circostanze. È stato il momento più difficile dell’intervista.

Giuseppe termina l’intervista spiegando come ha conosciuto la sua Adelinda. Nell’inferno di freddo e ghiaccio i soldati avevano una via d’uscita. Il suo si chiamava, appunto, Adelinda, una madrina di guerra, cioè quelle ragazze chiamate a scrivere le lettere ai soldati al fronte. A lei scrive quello che succedeva, delle sue ferite, restando attento a non incappare nella censura militare. È un rapporto a distanza che continua anche dopo la guerra, fino a quando Giuseppe non decide di sposarla. A guerra finita Nichele inizia a lavorare nella mensa aziendale a Mira, dove si trasferisce con la famiglia. Ma non dimentica mai i giorni passati al confine con la Francia e di averli condivisi con altri fratelli. Negli anni Settanta si ritrovano in cinque con le famiglie e tornano sul Malamot. Il forte non è più agibile e quindi irraggiungibile; ma la diga, che i francesi volevano far saltar in aria, era sempre là, rialzata. Il mondo come lo conosceva lassù non era più lo stesso, ma era stata un’emozione poter ritrovare a distanza di anni i compagni di guerra.

IMG_7708Il ricordo di Giuseppe Nichele non termina qui. Prima di “andare avanti”, Riviera al Fronte ha avuto l’onore di incontrarlo per consegnargli il Gagliardetto della Memoria il 26 aprile 2015. La sezione di Borbiago dell’associazione Combattenti e Reduci lo nomina presidente onorario e un anno dopo la sua morte gli viene intitolata la biblioteca storico-militare del Centro Civico della frazione mirese.

CIMG4279

Don Antonio Andreazza

Don Antonio Andreazza è stato parroco di Sant’Anastasio di Cessalto di Livenza, dal 1935 al 1953. Valentina Volpe Andreazza ne è la pronipote.
Anche lungo le rive venete del fiume Livenza non manca atti di eroismo, in mezzo a conflitti e a enormi perdite di vite umane. Tra il 1943 e la primavera del 1944 riesce a mettere in salvo un numero imprecisato di prigionieri di guerra, riusciti a scappare dai campi di lavoro tedeschi di Monfalcone.

Organizza un vero e proprio centro di smistamento per salvarli e farli ritornare dalle loro famiglie, nei Paesi d’origine, ottenendo appoggio dalle famiglie contadine che abitavano nei dintorni della Canonica.

La sua famiglia abitava a Sacile. Il 1 aprile del 1944, i nazi fascisti, avvertiti da una spia, lo arrestano e lo rinchiudono a Venezia, nell’Isola di San Giorgio, con l’accusa di aver falsificato documenti per far espatriare i prigionieri.

Dopo aver subito torture ed umiliazioni, grazie all’aiuto dell’avvocato Marinoni di Venezia la pena viene commutata in un anno di reclusione presso l’ospedale psichiatrico di San Servolo.

Nell’aprile del 1945 viene liberato e ritorna a Sant’Anastasio. I parrocchiani lo celebrano con le campane a festa. Don Antonio, stanco e debilitato per le torture sia fisiche che psicologiche subite durante la detenzione, continuerà la sua opera di Parroco, concludendo i lavori della chiesa parrocchiale e impegnandosi anche nel sociale del proprio comune.

Muore nel 1953 a 48 anni.

La storia di don Andrezza viene ripercorsa da Arch Scott, un ufficiale neozelandese salvato dalla prodiga opera del parroco di Sant’Anastasio. In onore del suo salvatore, Scott chiama il figlio Don Anthony, tornato a Sacile più volte per portare un fiore sulla tomba del suo benefattore.

arch scott

Proudly powered by WordPress | Theme: Baskerville 2 by Anders Noren.

Up ↑