La Riviera del Brenta, terra di bellissime e sfarzose ville, visitata da poeti e letterati, ha subito anch’essa i tragici eventi dei due conflitti mondiali. Il percorso della 34^ Marcia degli Storti attraversa luoghi che hanno visto il passaggio di soldati, di invasori, di resistenti. La Riviera del Brenta e i suoi cittadini avevano subito dolorose sofferenze a causa di quei drammatici eventi e alcuni luoghi lungo il percorso sono stati teatri di eventi che hanno contribuito alla rinascita del nostro Paese.
Il percorso comincia dall’Isola Bassa: l’area, che durante il Ventennio aveva subito diversi lavori con l’interramento del canale che la divideva in due, è collegata al resto del territorio da ponti che, nel corso dell’ultima guerra erano stati minati e, verso la fine del conflitto, colpiti dagli aerei alleati per rallentare le comunicazioni delle forze nazifasciste. Una delle ville principali dell’isola, Villa Andreuzzi-Bon, era un magazzino di armi e tra il novembre 1943 e la Liberazione dell’aprile 1945 i partigiani riuscirono a disarmare in diverse occasioni le varie sentinelle fasciste in servizio. La casa di riposo, inoltre, diede ospitalità ad alcuni prigionieri inglesi scappati dal campo di prigionia di Giare di Mira.
Dopo aver attraversato il Ponte del Vaso, che tra il 1943 e il 1945 era stato minato e reso obiettivo degli inglesi (nei raid erano state battute anche le aree limitrofe, con il danneggiamento di Villa Pra), si entra in via Seriola dove, tra la primavera 1944 e la fine del conflitto, i partigiani avevano intensificato le attività di sabotaggio delle vie di collegamento telefonico e telegrafico tra i comandi stanziati tra la Riviera del Brenta e la linea Gotica.
Parallelamente a via Seriola corre via Argine Sinistro, arteria principale utilizzata dai tedeschi per fuggire da Sambruson e dalla Linea Gotica. Il 24 aprile 1945, lungo questa strada i partigiani dolesi sequestrarono un camion con fusti di benzina che poi, a fine conflitto, furono distribuiti tra i comitati di Liberazione Nazionale di Dolo e Padova. Il 27 aprile 1945 fu ucciso davanti a casa il partigiano Amedeo Ferraresso, che dopo l’8 settembre 1943 raggiunse l’Alto Vicentino per combattere i tedeschi. A guerra praticamente finita decise di rientrare a casa. Giunto alla meta, ebbe la sfortuna di incappare in una colonna tedesca. Individuato con il fucile in spalla, ritenutolo una minaccia, fu freddato sul posto.
Dopo aver percorso il primo tratto di via Seriola si arriva all’incrocio con via Badoera. Si prosegue dritti, ma se si svoltasse a destra e si arrivasse alla fine della via raggiungendo il semaforo, si giungerebbe a Villa Maria, dove nell’aprile 1945 fu danneggiato un automezzo. A Sambruson, inoltre, un presidio militare tedesco fu assaltato due volte, tra il 12 maggio e il 28 giugno 1944, dalle forze partigiane dolesi. In entrambi i casi fu ingaggiato uno scontro a fuoco durato un paio d’ore e terminato in entrambi i casi con l’arrivo dei Bersaglieri della RSI accompagnati da un carro armato.
Altre operazioni di sabotaggio furono condotte all’altezza del Ponte di via Carrezzioi tra Dolo e Mira e al di là del Naviglio. Proseguendo per via Seriola e arrivando a Mira, si arriva alla Pescheria. È qui che avviene una delle due battaglie tra i partigiani miresi e le forze nazi-fasciste: il 29 aprile, poche ore prima dell’arrivo degli alleati, alcuni partigiani della Brigata Negri impegnarono le forze tedesche in ritirata sull’altra sponda a colpi di mitragliatrice e colpi di moschetto. Durante lo scontro uno dei resistenti riuscì nell’impresa di issare coraggiosamente il Tricolore sul pennone della pescheria.
Effettuando il percorso più lungo della Marcia degli Storti, si passerà anche per i vecchi stabilimenti della Mira Lanza e davanti all’omonima villa. Gli stabilimenti della vecchia fabbrica di candele, così come Villa Colloredo/dei Leoni, erano stati utilizzati anche nel corso della Grande Guerra per ospitare centinaia di feriti e malati provenienti dal fronte. Gli stabili ospitarono l’ospedale di tappa 237 che arrivò a contare 840 letti e una sala operatoria, oltre a un teatro e sale per le attività ricreative. Vent’anni più tardi, invece, villa Lanza fu requisita dalle SS per crearvi il loro quartier generale, abbandonato il 25 aprile 1945. Il ponte davanti alla villa era stato minato.
Proseguendo per Mira Porte si segnala l’occupazione di Villa Principe Pio, in via don Minzoni. Poco distante, nella zona di Valmarana, la Brigata Cremona, che combatteva sotto il Tricolore dell’Italia cobelligerante degli alleati, e i carri armati inglesi attaccarono le ultime forze della Wermacht in ripiegamento verso via Nazionale, causando diverse vittime.
Proseguendo verso Dolo si segue la “Strada Bassa”, ma al di là della riva le ville Venier e Bonlini, oggi Casa Paterna, erano state requisite delle forze dell’Asse. Ma ritorniamo nel territorio di Dolo per parlare di un fatto atroce e anche questo rimasto nel dimenticatoio: il 20 febbraio 1945 un aereo alleato, dopo averlo mitragliato, colpì con una bomba un tram al Casello 12, davanti a Villa Ducale, all’epoca Villa Ciceri, sede di un comando. Il tram, carico di soldati tedeschi ma anche di civili, saltò in aria: morirono moltissime persone; don P. Gios in I parroci della Riviera del Brenta e della Bassa Saccisica nella Resistenza riporta la relazione di don Fares che cita 72 vittime, per la maggior parte soldati ma con un alto numero di civili, alcuni dei quali dolesi. A seguito di questo raid, i giovani del paese gettarono le armi nel Naviglio per recuperarle poi a guerra finita.
Poco più avanti si arriva a Villa Badoer-Fattoretto. Dalla fine del 1917, a seguito della ritirata di Caporetto, il Comando della Terza Armata la requisì per istituirvi l’ospedale da campo 0154 e che contava un centinaio di posti letto. Fu operativo anche dopo il 4 Novembre 1918, giorno della fine delle ostilità, fino alla fine dell’anno. Molti furono i soldati italiani deceduti tra la fine del 1917 e la fine del 1918. La villa fu requisita anche nel corso del secondo conflitto mondiale, a partire dal 1943, dalle autorità militari tedesche per allestirvi il loro ospedale. Erano però presenti anche gli uffici di alcune organizzazioni di lavoro naziste che, alla pari della più famosa organizzazione Todt, realizzavano fortificazioni militari, bunker, sistemi di difesa. Davanti alla villa, il ponte: questo era stato minato ma in molte occasioni i partigiani dolesi riuscirono a sabotare gli automezzi tedeschi. Si presume che in questo snodo collegante Dolo e Sambruson il 29 aprile 1945 le truppe alleate avessero incrociato quelle tedesche in ritirata: dopo un breve scontro a fuoco, a cui parteciparono anche alcuni partigiani locali, 238 uomini si arresero e furono condotti in un campo di prigionia in via Alture.
Il nostro percorso ritorna quindi in Isola Bassa e si conclude allo Squero. Ci piace ricordare quel 29 aprile 1945, quando Dolo e la Riviera del Brenta furono liberate. È anche in questa riva che i dolesi videro passare decine di carri armati che stavano andando verso Venezia. Questo passaggio non avvenne tranquillamente, tanto che i carri britannici spararono un colpo contro il campanile, dove i tedeschi avevano posizionato una mitragliatrice da usare contro i ricognitori della Royal Air Force: alcuni partigiani, saliti in cima per salutare la tanto sospirata liberazione, furono scambiati per cecchini. Fortunatamente non ci furono vittime, ma fu un segnale di allerta per gli alleati che poi, all’altezza del ponte di via Zinelli, si trovarono a fare i conti con alcuni irriducibili cecchini fascisti.
Quanto riportato è frutto di anni di studi e ricerche compiute da Riviera al Fronte. Per la Grande Guerra, molto è stato riportato nel libro Dolesi al Fronte. La Prima Guerra Mondiale, che si è avvalsa della collaborazione del Comune di Dolo e dei vari archivi di Stato del Veneto, oltre che delle parrocchie dolesi; per quanto riguarda la Seconda Guerra Mondiale, è stata fondamentale la consultazione dell’archivio della sezione Anpi di Dolo. Il lavoro, marginale e che intende espandersi grazie al contributo della comunità, vuol essere un omaggio a coloro che hanno combattuto. In questo caso, questo scritto intende ricordare uomini come Erminio Ferretto, ucciso dalle Brigate Nere a Mogliano Veneto nel febbraio 1945; Cataldo Presicci, giustiziato a Padova nell’agosto 1944 dopo aver sostenuto la Resistenza dolese, nonostante la sua divisa di ufficiale della RSI; Giovanni Mion, Ermes e Vittorio Parolini, Romeo Isepetto, Luigi Levorato, Giovanni Boffo, Cesare Ometto, Renato Faggian, Santo Marcato, Giovanni Zabeo, Sergio e Battista Braga, ma anche le decine di soldati da tutte le regioni italiane che hanno trovato la morte nelle ville della Riviera del Brenta.