«Gran parte del miscuglio di idee che andò a costituire
l’ideologia nazista era già formato, sotto diverse fogge e a un
diverso grado di intensità, prima della Grande Guerra»
Ian Kershaw
Ho sempre visto Adolf Hitler come una specie di mostro dei film o dei racconti dell’orrore. Una “creatura” figlia di un’Europa fatta d’imperi e super potenze, nutritosi del nazionalismo e della politica violenta di quegli anni e, infine, plasmato dalla brutalità della Prima Guerra Mondiale. Hitler incarnò con la sua malvagità la summa delle conseguenze degli accadimenti politici e di correnti di pensiero europeo dell’Ottocento e degli inizi di Novecento.
Quando nel 1925 venne pubblicato il “Mein Kampf” in cui Hitler espose il programma del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori non godette di molta considerazione da parte delle autorità della Repubblica di Weimar e delle diplomazie occidentali.
Forse perché le idee ivi contenute non erano particolarmente innovative bensì mutuate da tesi espresse molto tempo prima dalla destra radicale europea, dai movimenti xenofobi e antisemiti, dal cristianesimo integralista, dai nazional patriottici e pangermanisti tedeschi e austriaci. In questo senso l’ideologia espressa nel “Mein Kampf”, seguita pedissequamente dai nazisti, rappresentava un effetto degenerativo della cultura occidentale.
Una delle correnti di pensiero che contribuì nel tempo allo sviluppo del nazionalsocialismo fu il pangermanesimo, un movimento sorto in Germania e in Austria nel corso del XIX secolo avente come obiettivo l’unione politica di tutti i popoli di lingua e cultura tedesca.
Il pangermanesimo costruiva le sue basi nel concetto di “Volk”, inteso come individui legati da un’essenza trascendente. Più in particolare, era la coscienza di un determinato popolo nel fatto di essere il risultato di una rappresentazione della natura del luogo stesso in cui vivevano, subendone l’influenza.
Dopo il crollo dell’Impero di Napoleone Bonaparte le organizzazioni pangermaniche diedero vita a diverse fazioni politiche; ebbe la meglio la corrente che sosteneva il progetto di unificazione della Germania sotto la guida della corona prussiana. Infatti, con la sconfitta dei francesi a Sedan nel 1870 il re prussiano Guglielmo I venne incoronato e la Confederazione tedesca divenne un impero iniziando così il Secondo Reich.
Un po’ alla volta la relazione concettuale del “Volk” tra la natura del luogo di nascita e le peculiarità caratteriali di un popolo assunse toni differenti. Nella Germania guglielmina di fine Ottocento, infatti, il pangermanesimo ha una veste più marcatamente razzista, con la proclamazione della superiorità della razza tedesca e della necessità del suo dominio su tutta l’Europa centrale ed orientale. Tali idee, unite ad un crescente militarismo, furono alla base del nuovo corso politico di Guglielmo II ed una concausa dello scoppio della Prima Guerra Mondiale.
La sconfitta della Germania nella Prima Guerra Mondiale decretò la fine dell’Impero guglielmino ma non del pangermanesimo. Divenne una parte fondamentale delle concezioni politiche di Hitler legandosi al concetto di “spazio vitale” per le popolazioni tedesche, da realizzare attraverso politiche di annessione al Terzo Reich (Austria, Sudeti, Boemia, Moravia). Questo portò allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale ed agli orrori dei campi di concentramento.
Mattia Massaro