Alle origini del Nazionalsocialismo

«Gran parte del miscuglio di idee che andò a costituire
l’ideologia nazista era già formato, sotto diverse fogge e a un
diverso grado di intensità, prima della Grande Guerra»
Ian Kershaw

Adolf_Hitler
Adolf Hitler, Cancelliere del III Reich (1933-1945)

Ho sempre visto Adolf Hitler come una specie di mostro dei film o dei racconti dell’orrore. Una “creatura” figlia di un’Europa fatta d’imperi e super potenze, nutritosi del nazionalismo e della politica violenta di quegli anni e, infine, plasmato dalla brutalità della Prima Guerra Mondiale. Hitler incarnò con la sua malvagità la summa delle conseguenze degli accadimenti politici e di correnti di pensiero europeo dell’Ottocento e degli inizi di Novecento.
Quando nel 1925 venne pubblicato il “Mein Kampf” in cui Hitler espose il programma del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori non godette di molta considerazione da parte delle autorità della Repubblica di Weimar e delle diplomazie occidentali.

Mein Kampf
Il “Mein Kampf

Forse perché le idee ivi contenute non erano particolarmente innovative bensì mutuate da tesi espresse molto tempo prima dalla destra radicale europea, dai movimenti xenofobi e antisemiti, dal cristianesimo integralista, dai nazional patriottici e pangermanisti tedeschi e austriaci. In questo senso l’ideologia espressa nel “Mein Kampf”, seguita pedissequamente dai nazisti, rappresentava un effetto degenerativo della cultura occidentale.
Una delle correnti di pensiero che contribuì nel tempo allo sviluppo del nazionalsocialismo fu il pangermanesimo, un movimento sorto in Germania e in Austria nel corso del XIX secolo avente come obiettivo l’unione politica di tutti i popoli di lingua e cultura tedesca.
Il pangermanesimo costruiva le sue basi nel concetto di “Volk”, inteso come individui legati da un’essenza trascendente. Più in particolare, era la coscienza di un determinato popolo nel fatto di essere il risultato di una rappresentazione della natura del luogo stesso in cui vivevano, subendone l’influenza.
Dopo il crollo dell’Impero di Napoleone Bonaparte le organizzazioni pangermaniche diedero vita a diverse fazioni politiche; ebbe la meglio la corrente che sosteneva il progetto di unificazione della Germania sotto la guida della corona prussiana. Infatti, con la sconfitta dei francesi a Sedan nel 1870 il re prussiano Guglielmo I venne incoronato e la Confederazione tedesca divenne un impero iniziando così il Secondo Reich.

Guglielmo I
Guglielmo I, Re di Prussia ed Imperatore di Germania

Un po’ alla volta la relazione concettuale del “Volk” tra la natura del luogo di nascita e le peculiarità caratteriali di un popolo assunse toni differenti. Nella Germania guglielmina di fine Ottocento, infatti, il pangermanesimo ha una veste più marcatamente razzista, con la proclamazione della superiorità della razza tedesca e della necessità del suo dominio su tutta l’Europa centrale ed orientale. Tali idee, unite ad un crescente militarismo, furono alla base del nuovo corso politico di Guglielmo II ed una concausa dello scoppio della Prima Guerra Mondiale.

Guglielmo II
Guglielmo II,  Imperatore di Germania

La sconfitta della Germania nella Prima Guerra Mondiale decretò la fine dell’Impero guglielmino ma non del pangermanesimo. Divenne una parte fondamentale delle concezioni politiche di Hitler legandosi al concetto di “spazio vitale” per le popolazioni tedesche, da realizzare attraverso politiche di annessione al Terzo Reich (Austria, Sudeti, Boemia, Moravia). Questo portò allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale ed agli orrori dei campi di concentramento.

Mattia Massaro

Gagliardetti della Memoria: Bruno Sinigaglia

Siamo ritornati nella Seconda Guerra Mondiale e ricordiamo in questa occasione l’autiere Bruno Sinigaglia, cioè il nonno dell’autore dell’articolo. Non ho avuto il piacere di conoscere mio nonno perché una malattia se lo è portato via troppo presto, nel 1975. La storia che leggerete non intende ricordarlo solo come soldato ma anche come uomo e modello per la moglie Bruna, le quattro figlie Luigina, Rosanna, Lucia e Mariagrazia e tutti i suoi nipoti e pronipoti. La sua figura è importante per me e anche per Riviera al Fronte: perché è anche grazie ai racconti delle zie e di mia mamma che siamo arrivati a creare l’associazione e a realizzare il progetto che stiamo portando avanti, assieme alle tante famiglie di altri soldati

Bruno Sinigaglia

Bruno Sinigaglia era nato a Liettoli di Campolongo Maggiore nel luglio 1917 e aveva combattuto la Seconda guerra sul fronte jugoslavo come autiere. Non sappiamo molto di lui, le uniche informazioni sono state tramandate alle figlie Luigina, la priomogenita, Rosanna, Lucia e Mariagrazia. Bruno non era solito raccontare molto alle figlie e alla moglie perché di natura era molto riservato e chiuso; tuttavia, Luigina ricorda ancora alcuni aneddoti molto importanti che raccontano la sua esperienza al fronte.

Bruno in sella del suo cavallo a Palmanova

Appartenente alla classe 1917, Bruno fu chiamato alle armi nel 1937 e da quel momento, tra la leva obbligatoria e l’inizio della guerra, non tornò più a casa. Svolse il servizio militare nella cavalleria a Palmanova fino al 1939, restando però a disposizione dell’Esercito in quanto erano in corso le operazioni militari in Albania e in Europa stava per cominciare la guerra mondiale. La passione per i motori lo avevano salvato dalla prima linea: era un meccanico e riparava le motociclette – dopo la guerra si era comprato una Bianchi nera e una Guzzi color rosso fiammante – e mentre era in Friuli gli era stata assegnata la patente per guidare i camion e le automobili. Questo fatto lo risparmiò dalla prima linea quando il suo battaglione fu inviato in Dalmazia, ex Jugoslavia, occupata dalle truppe italiane e tedesche e sottoposta al controllo della Repubblica Croata degli Ustascia di Ante Pavelic, e in altre regioni balcaniche. Bruno era stato anche in Montenegro e questo viene ricordato anche dalle figlie perché, devoto cristiano qual era, teneva ad andare a vedere dove era nato il religioso Leopoldo, diventato poi santo, a Castelnuovo di Cattaro (oggi in Montenegro).
Bruno era un autiere delle alte cariche militari dell’Esercito e non partecipò a battaglie. Fu però vittima di un agguato assieme al colonnello che stava trasportando: durante l’occupazione militare italo-tedesca, i partigiani cercarono di uccidere l’ufficiale. Nello scontro a fuoco che ne nacque il colonnello fu ucciso, mentre Bruno si salvò.

Una svolta nella vita del soldato Sinigaglia arrivò l’8 settembre 1943: l’Italia si era arresa agli Alleati e l’Esercito era allo sbando. Una volta entrati i tedeschi per il Brennero, tutti gli uomini abili al combattimento venivano rastrellati; ai soldati italiani veniva data una possibilità di scelta: o continuavano a lottare a fianco della Wermacht oppure venivano inviati nei lager del centro Europa. Il pericolo per i soldati di stanza in Jugoslavia era doppio: oltre ai tedeschi, dovevano guardarsi le spalle e non farsi catturare dalle squadre partigiane jugoslave, alcune delle quali vicine a Tito. Per evitare di farsi catturare e combattere ancora, Bruno e tanti altri suoi commilitoni scapparono dal cuore dell’Europa per tornare a casa, forse inconsci che l’Italia era stata invasa ed era diventata un campo di battaglia. Presero un camion e si diressero verso nord, fino a quando il gasolio non si esaurì; da quel momento gli uomini furono costretti a tornare a piedi. Dal settembre 1943 la marcia per tornare a casa era stata molto lunga e terminò nei primi mesi del 1944. L’avvicinamento a casa era stato duro e nonostante qualche aiuto ricevuto dalle donne che incontravano, la fame era molta ma la sete non lasciava scampo e del numeroso gruppo scappato dalla Jugoslavia tornarono solamente in undici.

Una volta ritornato a casa, la situazione per Bruno era ancora pericolosa: la Repubblica Sociale chiedeva altri uomini da inviare al fronte. La famiglia Sinigaglia fece quadrato attorno al figlio reduce, aiutandolo a nascondersi. Durante un rastrellamento, i tedeschi arrivarono nella casa-fattoria dove abita la famiglia. Nonostante il controllo, mio nonno non fu trovato: si nascose all’interno di una mangiatoia, sotto al fieno dove mangiavano le vacche e dove i tedeschi fortunosamente non cercarono; inoltre le donne giocarono la loro parte, urlando agli occupanti che in casa c’erano solo loro considerato che gli uomini erano tutti al fronte (erano quattro cugini di mio nonno, tre dei quali risultarono poi morti e uno prigioniero in Germania). Bruno riuscì a restar nascosto fino alla fine della guerra.

Nel 1947 si sposò con Bruna a Liettoli di Campolongo Maggiore e misero al mondo quattro figlie. La famiglia si è poi allargata, arrivando a contare oggi sette nipoti e 8 pronipoti. Bruno, uomo timido e mite, dedicò la sua vita alla famiglia, al lavoro e alla sua moto e visse raccontando poco di quella che era stata la sua esperienza in guerra; ricordava però gli eventi di cui abbiamo parlato e la grande fame e la sete che con i suoi compagni aveva patito. Colpito da una malattia, morì nel 1975.

Anche Bruna era stata coinvolta nella guerra con un avvenimento molto particolare: nel 1944 i bombardieri alleati colpivano non soltanto le grandi città e i poli industriali dell’Italia del nord ma anche le principali arterie della zona. I punti principali erano il Naviglio, lungo la Riviera del Brenta, e i ponti che attraversavano il Brenta, importanti per gli spostamenti delle truppe tedesche verso la prima linea dell’Italia centrale. Durante uno dei raid la contraerea era riuscita ad abbattere un bombardiere e due paracadutisti inglesi trovarono riparo in un boschetto nella zona di Campolongo Maggiore. La nonna raccontava che, assieme ad altri componenti della famiglia, dopo averli trovati per caso portava loro del cibo. Questo finché non li trovarono più: probabilmente erano stati trovati dai tedeschi o dai fascisti.

La figlia Luigina ritira il Gagliardetto della Memoria in ricordo del padre Bruno (26 aprile 2015)

Ivan B. Zabeo

Gagliardetti della Memoria: Smaggiato Lino

Smaggiato Lino (1923-1945) in una delleultime istantanee
Smaggiato Lino (1923-1945) in una delle ultime istantanee

Lino Smaggiato di Romeo, veterano della Grande Guerra, era nato il 25 agosto 1923 a Vigonovo. Primogenito di una figliolata di 9 bambini, veniva definito dalla madre – forse in virtù del fatto di essere proprio il primogenito – il più bello, il più alto (era alto circa 1,90) ed un ragazzo d’oro.

Prima della guerra, Lino lavorava come mezzadro per la Contessa De Lazzara, la cui villa era a Barbariga presso San Pietro di Stra. La fame a quei tempi era molta e la Contessa, oltre che con il denaro, dava a Lino anche un cesta contenente frutta e verdura perché la portasse alla famiglia…ma spesso arrivava quasi vuota!

Non sappiamo con quale reparto Lino prese parte alla Seconda Guerra Mondiale; le poche lettere da lui spedite sono a tutt’oggi ancora da trovare.

Smaggiato Lino in marcia con il suo reparto. E' visibile a sinistra, indicato dalla freccia.
Smaggiato Lino in marcia con il suo reparto. E’ visibile a sinistra, indicato dalla freccia.

Di lui le notizie si perdono fino al 1945 quando cadde prigioniero dei tedeschi venendo condotto in un non meglio identificato campo di concentramento in Germania ove morì di fame e di stenti, assistito da un prete, il 21 febbraio 1945.
Quando la notizia della morte giunse in Municipio, si attese che il fratello Pietro, di cinque anni più giovane, partisse per il militare; solo allora la morte di Lino venne comunicata alla famiglia.
Nel frattempo, nella famiglia, a lutto non ancora reso noto si era sommato il lutto per la perdita di Antonietta, sorellina di Lino, che morì all’età di sette anni a causa di una scheggia di una bomba d’aereo caduta in prossimità dell’argine di Galta.

Smaggiato oggi riposa nel Cimitero militare italiano d’onore di Amburgo, nel riquadro tombale n. 3, fila L, tomba n. 20. Per anni, dopo la sua morte, l’A.N.C.R. andava a far visita alla famiglia, portando qualche omaggio, ma mai seppe dire dove Lino era sepolto. Solo un cippo nel parco della rimembranza di Vigonovo ne ricorda la figura.

Flornda Marina Veller ritira il Gagliardetto della Memoria in memoria di Smaggiato Lino
Florinda Marina Veller ritira il Gagliardetto della Memoria in memoria di Smaggiato Lino

 

Fonti:

  • Documentazione fotografica e memorie orali famiglia Smaggiato

Alberto Donadel

Una stele per Romeo Isepetto

Una stele per Romeo Isepetto. Copertina

Sabato 21 marzo Riviera al Fronte è stata invitata a presenziare ad un appuntamento organizzato dai circoli dell’Anpi della Riviera del Brenta in Villa Alberti a Dolo. E’ stata l’occasione per presentare Una stele per Romeo Isepetto, un libro di 120 pagine, scritto per ricordare la posa del monumento a Giare di Mira, in vista della laguna, in memoria di Romeo Isepetto. L’opera propone anche alcuni spunti di riflessione e brevi ricordi di avvenimenti e personaggi della Resistenza nella Riviera del Brenta.

Vittorio Pampagnin, autore del libro Il coraggio di scegliere, che ha messo in luce la storia di Romeo Isepetto

La stele è l’atto conclusivo di una grande operazione di memoria intrapresa da Vittorio Pampagnin, autore de Il coraggio di scegliere, libro che racconta la storia di Romeo Isepetto, comunista, pescatore in quel tratto di laguna che va da Campagna Lupia a Mira. Isepetto era un attivista, organizzatore e corriere per il PCI clandestino veneziano, che dal momento del suo arrivo a Mira nel 1928 fino alla fine della Seconda guerra mondiale aveva contrastato gli agrari e i titolari della Mira Lanza, che finanziavano e sostenevano il regime fascista. Aveva sostenuto gli scioperi dei ferrovieri e dei lavoratori della Mira Lanza, aiutando coloro che volevano andare in Spagna per combattere contro Franco, sostenuto da Mussolini e da Hitler.

Ovviamente, il regime fascista lo riteneva un pericolo e aveva iniziato a dargli la caccia. Con l’8 settembre e l’armistizio, Isepetto e i suoi si asserragliarono dentro il Municipio di Mira; i tedeschi e i fascisti lo arrestarono, assieme a Primo Barzoni, e lo mandano in carcere a Dolo. Ci restarono per poco tempo per paura che la popolazione andasse a liberarli con la forza.

Romeo Isepetto, foto scattata nel lager di Mauthausen

Dopo quasi un anno di detenzione a Venezia nel carcere di Santa Maria Maggiore, Isepetto fu deportato a Mauthausen – Barzoni era deceduto nel gennaio 1944. Dopo la liberazione degli Alleati, dai campi di prigionia dell’Europa centrale ritornavano gradualmente tutti i prigionieri : dagli ebrei agli internati militari e politici. Il 22 giugno 1945 rimpatriava anche un irriconoscibile Romeo Isepetto, reso ormai uno scheletro a causa delle sofferenze e della fame. Rimessosi, Isepetto ricominciava la carriera di attivista politico – partecipanto anche come delegato veneziano al Congresso del PCI a Roma – e ritornò nella darsena, a pescare. Il suo pensiero era dedicato a tutte le famiglie in difficoltà, soprattutto nei confronti di quelle vedove di guerra che dovevano allevare i propri figli in condizioni di estrema povertà: andava all’interno delle proprietà private di quelli che qualche anno prima finanziavano e sostenevano il fascismo e utilizzava le bombe a carburo. Fu proprio una bomba a mano a distruggere la barca che trasportava Isepetto e Giuseppe Fabbian il 17 agosto 1947. Il giorno dei funerali a Mira c’era moltissima gente; ma il PCI lo dimenticò troppo velocemente.

La storia di Isepetto restò nell’oblio fino a quando Vittorio Pampagnin scrisse Il coraggio di scegliere e lo fece rivivere per la seconda volta. E’ nato il comitato Pro Romeo Isepetto; è stata posta la stele sulla darsena di Giare di Mira; è stata recuperata la memoria di tanti altri protagonisti della Resistenza nella Riviera del Brenta. Da quest’anno, la ricorrenza del 25 Aprile avrà un luogo ben definito per tutti, stretto attorno a un monumento alla memoria di una persona che aveva dato moltissimo alla causa antifascista ma che intende ricordare gli altri protagonisti di quegli anni bui. I vari circoli dell’Anpi, sulla scia del grandissimo lavoro svolto da Pampagin, hanno intenzione di ricostruire altre esperienze e altre storie. Operazione a cui anche noi ci associamo.

Ivan B. Zabeo

Fonti:

Una stele per Romeo Isepetto – a cura del Comitato Pro Romeo Isepetto

14 settembre 2014: Scopertura della Stele – Intervento di Irene Barichello

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